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Trauma e crescita post Coronavirus. Il metodo EMDR.

Durante queste prime settimane della fase 2 abbiamo assaporato nuovamente il profumo della libertà. Non si tratta della normalità a cui eravamo abituati in precedenza, permangono ancora importanti prescrizioni che dobbiamo rigorosamente seguire, ma rispetto alla fase precedente ci si sente più liberi. 

Ognuno di noi ha risposto a questa riapertura in modo diverso, così come in modo altrettanto diverso ha affrontato la fase precedente.

Ciò non ci stupisce: dinnanzi alla realtà rispondiamo con la nostra storia e con la nostra personalità. La nostra individualità ci rende unici.

Dalla fase di quarantena, in cui abbiamo sperimentato sì la frustrazione delle restrizioni ma al contempo un luogo sicuro dove sentirci protetti, siamo stati chiamati ad uscire per entrare in un clima di incertezza, in un momento in cui il nemico, subdolo, non è stato ancora sconfitto, ma continua a nascondersi e proliferare.

Alcuni di noi hanno sentito e continuano a sentire un forte disagio costruito su preoccupazioni più o meno razionali che generano un vissuto ansioso costante. Anche coloro che hanno provato minor angoscia, però, al momento del rientro possono aver vissuto una sensazione di stranezza, alienazione e allerta nei confronti del mondo.

Un elemento certo ci accomuna: siamo tutti vittime di un trauma che ci tocca sia a livello individuale che collettivo.

Cosa si intente per trauma? Il trauma è ciò che si crea a livello mentale nel momento in cui si riceve un colpo o una serie di colpi non prevedibili e soprattutto non controllabili e contro il quale non è possibile adoperare efficacemente i comuni strumenti di difesa fisica e psicologica di cui si è dotati. Le “ferite dell’anima” sono quindi esperienze con un impatto emotivo così intenso da impedire alle persone di continuare a vivere e ad essere come prima.

La situazione legata al Covid-19 che stiamo vivendo ci pone in una condizione traumatica di significativo stress fisico ed emotivo che non dobbiamo trascurare.

Per la nostra mente quado un pericolo è finito, è finito oggettivamente, ma non si esaurisce a livello soggettivo. Il cervello ha bisogno difatti di tempo per recuperare dall’impatto che un evento traumatico ha sul sé, sulle emozioni e ha bisogno di altrettanto tempo per smaltire le reazioni da stress che si scatenano di conseguenza.

Le reazioni che le persone sviluppano a partire dal momento in cui la propria o altrui esistenza viene messa in discussione da un evento, seguono con tempistiche diverse, questa generale sequenza:


  1. La situazione esplode. È il momento dell’impatto emotivo. Nei secondi immediati il corpo si attiva e si mobilizza per rispondere al pericolo così come la mente si attiva per elaborare le informazioni. Si tratta di reazioni di sopravvivenza innate, non mediate dal controllo volontario.

2. Lo shock. Questa fase dura dalle 24 alle 72 ore dopo l’incontro con l’evento, ma, in casi gravi, può protrarsi più a lungo. È caratterizzata da confusione disorganizzazione mentale, perdita di concentrazione. I correlati fisici della reazione si manifestano con tremori, nausea, freddo, pianto. Compare una sensazione di incredulità e di irrealtà. Emotivamente compare tristezza, rabbia, paura o eccitazione per essere sopravvissuti.

3. Impatto emotivo. Dopo lo shock subentra la presa di consapevolezza dell’accaduto. Niente è più come prima. Le reazioni più comuni sono: incubi, flashback, pensieri intrusivi, isolamento, depressione, colpa, rabbia, ansia, aumento della sensazione di pericolo.

4. Coping. In questa fase le persone cercano di ritrovare un nuovo equilibrio dopo l’accaduto. La mente si attiva per capire cosa è successo per darne un significato e rielaborare, sia emotivamente che cognitivamente, l’evento. Le domande possono essere le più svariate: alcune porteranno a nuove soluzioni altre a dei binari morti; sono emotivamente disfunzionali quelle che ruotano intorno a quanto accaduto poiché non può essere modificato. È importante quindi smettere di chiedersi perché, se fosse, se avessi: queste domande aumentano l’ansia e bloccano la possibilità di elaborare. Più efficace e utile è chiedersi “cosa posso fare?”

5. Accettazione/Risoluzione. Non ci sono formule. Ogni persona trova la propria modalità di risoluzione e accettazione dell’accaduto. Ognuno ha il suo percorso ma simili sono i pensieri a cui si giunge se questo percorso ha un esito positivo: È passato; Sono vulnerabile ma non impotente; Non posso controllare tutto ma posso controllare le mie emozioni e i comportamenti rispetto a quanto mi accade.

6. Imparare a conviverci. Nonostante l’accettazione dell’evento si avranno ancora momenti difficili, quelli che ce lo ricordano: gli anniversari, una notizia di cronaca simile, un conoscente che vive la stessa esperienza, le feste senza la persona perduta, ecc. Queste situazioni sono dei trigger, stimoli che attivano lo stesso malessere provato. Imparare a conviverci significa allora imparare ad affrontare queste situazioni senza essere invasi da una nuova ondata di dolore che sovrasta la nostra capacità di reagire.

Leggendo queste fasi sicuramente qualcuno di noi si sarà ritrovato ad averne vissuto qualche aspetto. Per capire quale momento si sta attraversando e comprendere se il Covid-19 sta avendo conseguenze patologiche sulla propria psiche basta ascoltare se stessi quando si parla o si pensa ad esso. Quando il trauma non viene elaborato può causare un disagio prolungato nel tempo.

Come si fa a lasciarsi alle spalle gli eventi traumatici? Il metodo EMDR.

Solitamente il nostro cervello è in grado di elaborare naturalmente un evento negativo, prendendo le informazioni traumatiche e inserendole all’interno di altre informazioni per rivedere ciò che è successo in una maniera più costruttiva. Nel 70/80 % dei casi i traumi si risolvono naturalmente senza un intervento specialistico. In altri casi invece in cui il trauma è emotivamente forte o avviene in momenti di particolare vulnerabilità della persona, il cervello non riesce a digerire e a trasformare le informazioni traumatiche. Queste vengono cosi registrate e congelate nel nostro mondo interiore cosi come sono state vissute. L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è il metodo più efficace per l’elaborazione degli eventi traumatici. Perché è così efficace? Perché sfrutta la capacità di autoguarigione della mente: attraverso delle rapide stimolazioni bilaterali e la guida del terapeuta esperto, il cervello viene nuovamente stimolato ad elaborare le informazioni traumatiche che erano rimaste congelate. Così facendo il ricordo viene desensibilizzato e il vissuto emotivo elaborato. Dopo il trattamento con l’EMDR ciò che è successo nel passato rimane nel passato, non influenzando più negativamente il presente.

In conclusione, siamo tutti potenzialmente vulnerabili ai traumi, ma ogni persona attraverso le proprie risorse e/o attraverso un aiuto professionale adeguato, può superare queste esperienze e non solo tornare ad essere come prima, ma anche crescere come persona proprio in virtù di quanto vissuto. 

È ciò che ormai è ampiamente riconosciuto e studiato come crescita post-traumatica.

Anche l’esperienza del Coronavirus, dopo averci fatto incontrare e scontrare con le nostre vulnerabilità più nascoste, può aprire la strada a possibilità finora impensabili.



Dott.ssa Giulia Pellegrinuzzi Psicoterapeuta Cognitivo-comportamentale Psicoterapia EMDR Tel. +39 329 748 77 20 https://www.escogito.info/profilo?p=giulia-pellegrinuzzi

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