La donna ormai ha preso conoscenza o sta prendendo conoscenza di cosa significa essere femmina, quali riti di passaggio deve superare, le paure, è ormai avvezza a sporcarsi le mani nel fango dell’inconscio femminile, o almeno ci prova.
La femmina ha molta storia che la accompagna e ho notato che c’è poco sul maschio. Incontro nel mio lavoro molti ragazzi che non sanno neanche cosa vuol dire diventare uomini.
Molti percepiscono che devono fare un passo, che si sentono legati ad un ruolo di ragazzo, figlio, adolescente, ma con L’evaporazione del padre, di cui parla M, Recalcati, si sentono privi di storia e riti di passaggio, non sanno cosa fare, non sanno chi sono, si lasciano cadere sul divano a guardare il pc, dietro ai video porno, si fanno prendere dalla noia; alcuni si gettano tra le braccia della droga, altri sono persi in un lavoro che è privo di significato: lo fanno perché l’uomo ha sempre fatto così.
La cultura per loro si è fermata alla regola “nasci, studi, lavori, matrimonio, figli, pensione, muori”. Questo è quello che ha lasciato l’assenza del Padre.
Ma ora sentono di volere qualcosa, sanno che c’è qualcosa da cercare, ma rimangono incastrati perché non sanno come, quindi o il corpo si ribella con sintomi forti e doloranti o si sentono impazzire, la loro psiche chiede aiuto attraverso una psicopatologia.
Riprendere e far conoscere i riti di passaggio che l’uomo nel mondo ha sempre affrontato li riporta alla riunione con la Natura, quella Natura non Madre, ma la Natura che li aiuta a ristabilire la connessione con i loro istinti, con la loro natura maschile.
Questa foto l’ho scattata quando mi sono recata in Africa nel 2013.
Nella cultura Masai tutti i giovani non ancora iniziati fino ai bambini di circa 12 anni, vengono a far parte dello stesso gruppo, diviso in due tornate – la destra e la sinistra. Questa divisione verrà mantenuta per tutta la vita. Dopo varie cerimonie, il rito più importante è quello della circoncisione che deve essere sopportata in silenzio. Dopo la circoncisione il giovane è considerato un moran, giovane guerriero. I giovani devono partecipare poi ad una caccia al leone prima di essere iniziati.
Dopo la circoncisione, e per circa 6 mesi, il moran dovrà vestirsi di nero e potrà disegnare sul viso dei simboli usando terra bianca. In questo periodo, i moran vivranno in una casa speciale, manyatta, costruita senza barriere spinose, inutili visto la presenza di tanti guerrieri. Quasi contemporaneamente alla formazione del nuovo gruppo, il vecchio gruppo che aveva avuto la circoncisione durante l’ultima cerimonia passerà di grado, diventando guerriero anziano. A sua volta, il gruppo precedente farà il passaggio per diventare anziano con la cerimonia dell’eunoto.
Qui i ragazzi hanno una tradizione e una cerimonia che suggella un rito di passaggio da una fase di ragazzo/bambino ad una più adulta, da infante a guerriero.
Il rito di passaggio è sempre una separazione, la separazione dalla famiglia d'origine, la separazione da un nostro vederci ragazzi, la separazione da quel viversi bambini.
A. Van Gennep, tra i più noti studiosi di antropologia del Novecento, osservò durante i suoi studi la tripartizione in tre stadi dei riti di iniziazione:
separazione
transizione
reintegrazione
Nella prima fase l'individuo viene separato dal contesto in cui si trova (es. l'individuo viene mascherato e portato nella foresta);
nella seconda attraversa una passaggio simbolico che rappresenta il culmine della cerimonia (es. affronta una prova);
nella terza viene reintegrato alla sua esistenza con un nuovo status sociale.
Rimane da chiedersi: nella nostra società contemporanea, cosa può aiutare i ragazzi a diventare uomini? Quali sono i nostri riti di passaggio? Un ragazzo mi raccontava la sua storia con le droghe e l’acool come simbolo di passaggio, quindi mi chiedo: sono questi i nostri riti di passaggio? Sopravvivere ad un incidente? Alle droghe? Alla violenza?
Quale può essere il nostro Leone da uccidere per passare alla fase successiva?
Sostengo che questa possa essere un buon punto di partenza per riflettere sul male che dilaga tra molti giovani e li fa cadere nella classificazione di NEET (è l'acronimo inglese di "Not (engaged) in Education, Employment or Training"[1], in italiano anche né-né indica persone non impegnate nello studio, ne nel lavoro e ne nella formazione).
I giovani eroi che si perdono nel labirinto delle loro paure ne possono uscire grazie al loro esploratore.
Dott.ssa Elsa Falciani Psicologa Psicoterapeuta Analista Junghiana
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